Io suggerisco il digiuno intermittente
Leggiamo sulle pagine dei fuffa guru (che non sono neppure professionisti sanitari)… ora c’è questa moda del digiuno intermittente… sulla bocca di tutti…

La salute non è una moda. E tanto meno si possono seguire gruppi FB gestiti da gente incompetente che rischia solo di rovinare la salute altrui.

I digiuni, ricordiamo, possono favorir disturbi del comportamento alimentare, con rischio di abbuffate, vanificando quindi il percorso mirato al calo ponderale. Ma possono anche di arrecare danni alla salute, in quanto possono portare a carenze nutrizionali (ma ci sono gli integratori magici che vi propongono!!!).

Il digiuno protratto può favorire la formazione di calcoli alla cistifellea, a causa del suo ridotto svuotamento.

Quando si parla di digiuno bisogna intendersi sulla terminologia (PMID: 39059384).
E porre la differenza tra “restrizione calorica” (riduzione dell’apporto calorico a max 25% delle calorie), “digiuno prolungato” (≥4 giorni consecutivi), “digiuno intermittente” (periodi di digiuno ripetitivi di durata ≤48 h) e “time-restricted eating“, ovvero mangiare in una finestra limitata di tempo (ad esempio in 8 ore).

Consideriamo che solo nel 2019 vi è stato il primo studio che ha avuto come end point (ovvero come obiettivo) quello di analizzare la correlazione tra digiuno e rischio di morte prematura. Tale studio ha arruolato più di 24.000 adulti statunitensi di età pari o superiore a 40 anni, ha scoperto una connessione tra digiuno e rischio di morte prematura [1]. Dallo studio è emerso che

👉 Consumare un pasto al giorno è stato associato ad un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause (30%) per malattie cardiovascolari (83%) rispetto a chi consuma 3 pasti al giorno.
👉 Saltare la colazione era associato ad un aumento del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari.
👉 Saltare il pranzo o la cena era associato ad un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause.

Facciamo dunque attenzione alle mode. Con la salute non si scherza.

Ci sono comunque altri studi. Un lavoro pubblicato su Aging Cell nel 2025 ci ricorda che gli effetti sulla salute umana di questi approcci sono ancora poco chiari (PMID: 40944446). Del resto, non sono stati condotti studi sugli effetti nel lungo termine.

Oggigiorno si parla di finestre temporali in cui limitare i pasti. Il classico 16:8 (16 ore di digiuno e si mangia solo nella finestra di 8 ore). Ebbene, è stato osservato che una finestra di “eating” inferiore a 8 ore al giorno è associata in maniera significativa a un maggior rischio di mortalità cardiovascolare (PMID: 40944446).

Diversi studi clinici randomizzati hanno dimostrato che il digiuno intermittente non è più efficace della restrizione calorica giornaliera standard per la perdita di peso a breve termine o per i miglioramenti cardiometabolici nei pazienti obesi (PMID: 39895836).

Uno studio randomizzato controllato pubblicato su The New England journal of medicine ha concluso che, nei pazienti obesi, un regime alimentare a tempo limitato non è risultato più efficace per quanto riguarda la riduzione del peso corporeo, del grasso corporeo o dei fattori di rischio metabolici rispetto alla restrizione calorica giornaliera (PMID: 35443107)

L’opinione prevalente che il digiuno intermittente sia cardioprotettivo deriva in gran parte da modelli sperimentali su roditori e studi di intervento. Tuttavia, è importante notare che i roditori hanno un metabolismo basale significativamente maggiore; pertanto, gli effetti metabolici benefici riportati dall’alimentazione a tempo limitato sulla pressione sanguigna e sulla struttura cardiaca nei topi e nei ratti potrebbero non essere pienamente applicabili all’uomo (PMID: 39895836).

Si sottolinea la necessità di cautela nell’applicazione del digiuno intermittente come strategia dietetica a lungo termine per la salute cardiovascolare. Sebbene siano stati dimostrati benefici a breve termine del digiuno intermittente, come la perdita di peso e il miglioramento del profilo lipidico, questi effetti sembrano principalmente mediati dalla restrizione calorica piuttosto che dalle caratteristiche peculiari del digiuno intermittente. È importante sottolineare che gli impatti a lungo termine del digiuno intermittente rimangono in gran parte inesplorati (PMID: 39895836).

In termini di calo ponderale, sono state osservate differenze minime tra digiuno intermittente e la restrizione energetica continua. E’ quanto emerge da una meta-analisi pubblicata su The BMJ che ha analizzato quasi 100 studi randomizzati, per un totale di oltre 6.500 partecipant (PMID: 40533200).

Da vari studi sono emersi effetti contrastanti sul digiuno intermittente. La ricerca di Deng et al. evidenzia i potenziali svantaggi del digiuno a giorni alterni (ADF), una variante del digiuno intermittente, dimostrandone l’influenza sullo sviluppo dell’aterosclerosi. Analogamente, un recente studio osservazionale indica un aumento del 91% del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari associato al digiuno intermittente rispetto al consumo di pasti nell’arco di un periodo di 12-16 ore. Nella revisione sono state raccolte e analizzate le prove esistenti per affrontare le preoccupazioni relative al digiuno intermittente e ai suoi potenziali benefici e rischi, ossevando che può essere un’arma a doppio taglio per la salute cardiovascolare (PMID: 38910053).

Gli studi che hanno osservato risultati positivi per il calo ponderale e la salute metabolica, sottolineano la necessità di ulteriori ricerche approfondite per comprendere gli effetti a lungo termine, i piani di digiuno intermittente individualizzati e i potenziali effetti avversi del digiuno intermittente in diverse popolazioni (PMID: 39618023).

Quindi, il digiuno intermittente che senso ha?

Per dimagrire?
Basterebbe mangiare meno. Del resto, è quello che hanno osservato gli studi. Per dimagrire occorre mangiare meno.

Per favorire l’autofagia?

Spendiamo allora due parole sull’autofagia (detta anche morte cellulare di tipo II): si tratta di un meccanismo di rimozione selettiva di componenti danneggiati presenti nella cellula. E’ un processo fisiologico coinvolto nel turnover (ricambio) di proteine danneggiate o anormali, il cui accumulo nella cellula è tossico.

Si tratta essenzialmente di un meccanismo protettivo e, nella maggior parte, di adattamento allo stress, in particolare una risposta allo stress nutrizionale (per carenza di nutrienti): per conservare un adeguato livello di nutrienti all’interno della cellula, il nostro corpo avvia un meccanismo cosiddetto di “auto cannibalizzazione”, in modo tale da evitare il processo di morte cellulare.

Tuttavia, sebbene questo processo protegga inizialmente, può anche causare la distruzione di componenti vitali per la cellula e portarla alla morte.

La restrizione calorica attiva l’autofagia: vi sono quindi alternative senza necessariamente sottoporsi ad un rigido regime di privazione.

Ci sono, ad esempio, molecole che mimano la restrizione calorica: ad esempio quercetina, catechina, EGCG, resveratrolo, berberina [2]. L’inserimento nell’alimentazione di tali composti bioattivi potrebbe avere effetti sulla durata della vita.

Al momento l’unico modello valido per la longevità in salute è quello della restrizione calorica, intesa come riduzione dell’apporto calorico giornaliero senza però incorrere in malnutrizione.

Ovviamente, bene seguire il timing che ci viene dal detto “colazione da re, pranzo da principe, cena da povero“, cercando di non cenare troppo tardi. Idealmente, uno “spuntino-cena” massimo alle 19. Lo stesso Valter Longo suggerisce di evitare pasti nelle 3-4 ore precedenti il sonno.

Infatti, i risultati di uno studio pubblicato su Nutrition & Diabetes ha esaminato i dati di 41mila persone del database NHANES rilevando un aumento del rischio di mortalità e di diabete tra coloro che mangiano tra le 23:00 e mezzanotte rispetto a coloro che consumano l’ultimo pasto prima delle 22:00 [3].

Il messaggio da portarsi a casa è: mangiamo meglio e meno. Non ci sono rimedi magicii. E si faccia attenzione alle mode e ai falsi profeti.

[1] Sun Y et al. Meal Skipping and Shorter Meal Intervals Are Associated with Increased Risk of All-Cause and Cardiovascular Disease Mortality among US Adults. J Acad Nutr Diet. 2023 Mar;123(3):417-426.e3.

[2] Sharma, R. (2021). Bioactive food components for managing cellular senescence in aging and disease: A critical appraisal and perspectives. PharmaNutrition, 18, 100281.

[3] Wang P, Tan Q, Zhao Y, Zhao J, Zhang Y, Shi D. Night eating in timing, frequency, and food quality and risks of all-cause, cancer, and diabetes mortality: findings from national health and nutrition examination survey. Nutr Diabetes. 2024;14(1):5. Published 2024 Feb 27. doi:10.1038/s41387-024-00266-6


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