C’è sempre una grande attenzione sui livelli di colesterolo… di fatto noi non misuriamo il colesterolo, bensì le lipoproteine che lo trasportano nel sangue, in particolare le LDL. E si è soliti utilizzare il termine colesterolo “cattivo”. Ma il colesterolo non è cattivo… anzi è una molecola importantissima.

L’attenzione è nel mantenere livelli di LDL inferiori a 100 mg/dl.
A seguito di infarto, addirittura ci si pone come obiettivo LDL inferiore a 55 mg/dl.

Molto spesso si ricorre alle statine, farmaci che inibiscono la sintesi della molecola del colesterolo. Anche senza suggerire di rivedere il proprio stile di vita. O talvolta unicamente valutando il valore totale del colesterolo (che aumenta anche in funzione di un aumento di HDL) e senza di fatto analizzare se a contribuire sul totale sia di fatto l’LDL, l’HDL o addirittura i trigliceridi (i cui valori alti potrebbero essere correlati a una condzione di steatosi epatica).

Con questo farmaci, il nostro corpo produrrà meno colesterolo.
Spesso non si considera però che inibire la sintesi del colesterolo implica anche inibire la sintesi del Coenzima Q10 (CoQ10), molecola importante per la produzione di energia a livello delle nostre cellule. Una carenza di CoQ10 può avere un impatto significativo sulla salute del cuore… Quanti aggiungono un integratore di (CoQ10) al farmaco statina?

Siamo sicuri che valori molto bassi siano la soluzione?

L’ipercolesterolemia è comunemente considerata un fattore di rischio per la malattia coronarica. Eppure, diversi studi hanno riportato una relazione inversa tra livelli di colesterolo e mortalità cardiovascolare, in particolare negli anziani.

In un recente studio è stata indagata la potenziale esistenza del paradosso del colesterolo in una popolazione longeva della Sardegna centrale, Italia. Nella popolazione longeva esaminata, era improbabile che il paradosso del colesterolo fosse un riflesso della causalità inversa.

I risultati sfidano la visione comune secondo cui la longevità è invariabilmente associata a bassi livelli di colesterolo. Inoltre, un’ipercolesterolemia moderata non impedisce all’adulto più anziano di raggiungere età avanzate, contrariamente alla credenza comune [1].

Cosa succede se il “colesterolo” è basso?

Ovvero, cosa accade se il livello di LDL è inferiore a 50 mg/dL?

Gli studi ci dicono che valori di LDL sotto i 70 mg/dl possono raddoppiare il rischio di emorragia cerebrale [2].
L’emorragia cerebrale si verifica quando un vaso sanguigno nel cervello si rompe e il sangue fuoriesce. Rappresenta circa il 13% dei casi di ictus.

Una carenza di colesterolo nel circolo sanguigno può comportare l’incapacità di distribuire le vitamine K ed E agli organi vitali, con gravi conseguenze [3]. Ricordiamo che la vitamina E è importante per prevenire la perossidazione lipidica a livello della membrana cellulare, proteggendo dall’ossidazione anche le stesse LDL.

Il colesterolo è fondamentale per la produzione di ormoni steroidei, tra cui il cortisolo, noto come l’ormone dello stress. Per cui, ridurre la prodizione di colesterolo può inficiare la capacità del nostro organismo di gestire l’infiammazione.

Le statine hanno anche un effetto diabetogneo, come ci mostrano anche meta-analisi [4, 5]. Quindi, la pillolina non è la soluzione. È necessario un approccio integrato che consideri anche lo stile di vita.

L’uso di statine riduce il rischio cardiovascolare?

Meta analisi ci dicono non molto, e che i pazienti dovrebbero saperlo [6].
Le statine non bloccano la formazione delle placche ateromasiche se non si interviene anche sugli altri fattori che le favoriscono, a partire dall’infiammazione che causa disfunzione endoteliale.

Andrebbe dunque rivista anche la dieta.

Cosa favorisce la formazione di placche ateroclerotiche?

A favore la formazione delle placche sono di fatto le LDL ossidate, quindi bene fare attenzione allo stress ossidativo, favorito in particolare da una condizione di resistenza insulinica e aumento dell’emoglobina glicata.

Le LDL ossidate vanno infatti incontro ad alterazioni morfologiche: vengono quindi captate dai macrofagi e trasformate nelle cellule schiumose, alla base della formazione dell’ateroma (placca). Pertanto il valore delle LDL ossidate potrebbe essere un biomarcatore del rischio cardiovascolare [7, 8, 9, 10].

E che va attenzionata anche l’omocisteina: valori alti aumentano il rischio di aggregazione piastrinica (e quindi di trombi). Livelli di omocisteina moderatamente elevati hanno mostrato un rischio aumentato di malattie vascolari [11, 12].

Meta-analisi e studi di coorte mostrano associazioni significativamente positive tra le concentrazioni sieriche di omocisteina ed eventi ischemici a livello del miocardio (infarto) e ictus.

Peccato che l’omocisteina non se le fini quasi nessuno, nonostante il polimorfismo MTHFR (che comporta livelli alti di omocisteina) abbia un’alta prevalenza nella popolazione.
Addirittura, alcuni medici si rifiutano di prescrivere il controllo dell’omocisteina, considerato anche un potenziale biomarcatore tumorale [13].

[1] PMID: 40077635
[2] PMID: 30971484
[3] PMID: 33471744
[4] PMID: 36965747
[5] PMID: 20167359
[6] PMID: 35285850
[7] PMID: 38001900
[8] PMID: 29737246
[9] PMID: 29934015
[10] PMID: 28921056
[11] PMID: 16940722
[12] PMID: 10669187
[13] PMCID: PMC6389897


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