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“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro.

Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino”.

J. Hillman, Il codice dell’anima

Cosa farò da grande?
Quante voltda-grandee ci è stata posta questa domanda?
Io farò l’astronauta, o il chirurgo, o l’avvocato, … abbiamo risposto.

Io me lo sono chiesto, chiesto. Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di grande, che potesse lasciare un segno. Qualcosa che potesse fornire un contributo all’umanità. Volevo aiutare gli altri. Ecco perché, inizialmente, avevo pensato di fare il medico, una figura che, per quella che era la mia visione, era una specie di missionario, un inviato dal Cielo sulla terra per salvare il mondo. Mia madre mi raccontava di mio nonno, medico condotto, che andava con il suo asinello, di paesello in paesello a visitare i suoi malati, che gli offrivano in cambio…i doni della natura.

Forse un tempo era così, quando la medicina era anche quella dell’anima.

Mi sarebbe piaciuto anche seguire un percorso artistico: il disegno mi piaceva e mi riusciva bene. E mi dava un senso di libertà. Poi ho scelto di fare Informatica (all’epoca era Scienze dell’Informazione!): un settore emergente che avrebbe potuto offrire opportunità di carriera e stabilità economica. Ed è stato così che sono entrata nel sistema.

La matematica mi è sempre piaciuta. Equazioni, analisi di funzioni: mi divertivano. E l’informatica era pur sempre una forma di arte, di creatività: si può trasformare in atto il nostro pensiero, e, per farlo, esistono infinite soluzioni. Il bello è trovare quella ottimale, più veloce, più economica, o più creativa 🙂

Ecco che mi sono laureata con il massimo dei voti! E sono entrata subito nel mondo del lavoro. Ero contenta di lavorare: potevo essere autonoma. Pensavo, così, di poter essere libera. Ma, lo sarei stata veramente? Non si è mai liberi se non si riesce a disporre del proprio tempo. E, lavorando per multinazionali, si finisce per vivere per lavorare. Dal punto di vista economico le soddisfazioni non mancavano. Ma a che servono i soldi se poi non si ha il tempo per goderseli? Siamo poi sicuri che siano i soldi a renderci felici?

Ho deciso di scegliere la libertà
Fino a qualche tempo flibertaa vivevo a Milano, la città del “business“. Una vita senza tempo, finalizzata all’accumulo di materia.

Un giorno, mi destai e presi contatto con il mio io, con la parte di me che un tempo credeva in qualcosa di grande.
Fu così che decisi di cambiare vita. Lasciai il mio lavoro.

Furono in molti a pensare che fosse una decisione folle: “Di cosa vivrai?” Mi chiedevano. Vivrò, pensavo io. “Ma di cosa?” Di me stessa e di quello che la natura e la vita vorrà offrirmi.

All’inizio, in effetti, non fu facile. Poi, pian piano, ci si rende conto che gran parte di ciò che abbiamo, in realtà, non ci serve. Un tempo, compravo oggetti che oggi reputo completamente inutili. Con il tempo si impara ad apprezzare l’essenziale.

Qualcuno a volte mi domanda: “Torneresti indietro?” Assolutamente no! Pur non accumulando ricchezze, sento che questa vita è molto più ricca della precedente. Ho quel poco che mi basta per vivere la mia vita e riesco a dedicare del tempo a me stessa e agli altri. Sono a contatto con la natura: e questo non ha prezzo.

Insomma, di cosa vivo? Vivo in Toscana, in un piccolo B&B (Il Melograno Nano) di sole tre camere a Barga, in provincia di Lucca.
Nel frattempo, ho avviato un percorso di ricerca interiore. E’ iniziato, diversi anni fa, con gli studi di Naturopatia, continuando con lo Shiatsu e la Medicina Tradizionale Cinese. L’evoluzione c’è stata poi quando ho cambiato la mia alimentazione, andando verso uno stile di vita più in sintonia con la natura.

Avere o essere
La società odierna è governata molto dalla materia. Viviamo in un mondo più orientato all’aspetto dell’avere, del fare (Yang), che a quello dell’essere (Yin).
Farò un mestiere che mi permetterà di avere successo, di guadagnare tanti soldi: è questo, in genere, il desiderio di molti (un tempo, anche il mio).

Siamo sicuri che sia quello per cui siamo stati creati? Diventare una business machine?
E’ vero: vivere senza soldi oggigiorno è difficile; ma non dimentichiamo che questi sono puramente funzionali: non dovrebbero essere il fine della nostra esistenza. Diversamente, abbiamo fallito il nostro scopo!

Difficile staccarsi dalla materia
Guardare all’aspetto spirituale per qualcuno può essere interpretato come una debolezza. Effettivamente è qualcosa di più Yin, più gentile, femminile. In contrapposizione alla materia, più Yang, che, se estrema, ci porta a violenza, aggressività, crudeltà. Ed è quello che accade oggi.

Un mondo dominato dalla materia, un’alimentazione molto ricca di estremi, ci crea squilibrio (nel corpo, nella mente e nello spirito), ci fa perdere l’alternarsi delle due qualità energetiche che, se in equilibrio, potrebbero portarci sulla via della salute e della felicità.

Molto importante è il nostro cibo che, se bilanciato e in armonia con la natura, renderà più leggero anche il nostro cuore e il nostro spirito.

La ricerca della nostra anima
“Cosa farò da grande?”. Sono passati anni da quando, piccolina, mi facevano questa domanda. Continuo comunque a chiederlo a me stessa. Oggi è ancora difficile dare una risposta. Eppure sono più grande: dovrei essere più saggia.

Ciò che spesso mi chiedo è: come facciamo a sapere cosa vogliamo diventare, se prima non sappiamo chi siamo?

Ecco uno dei motivi per cui la macrobiotica mi ha affascinato: mi offre l’opportunità di seguire la strada dei miei sogni.
Assumendo un cibo equilibrato, posso liberarmi dagli estremi che mi intasano: dall’eccesso dei prodotti animali (Yang estremo) che mi irrigidisce e dallo zucchero e prodotti raffinati (Yin estremo) che mi disperdono e mi allontanano da me stessa. Ciò mi permette di centrarmi e ascoltarmi. E, in questo modo, di conoscere chi sono e ciò che voglio diventare.

Conoscersi per realizzare se stessi: non è forse questo il fine della vita?
Cosa farò, allora, da grande? Mi cercherò!

Silvia Petruzzelli


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