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Proprietà virtù ricette - Conoscere la salute per conservarla
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I Fitati sono molto diffusi nei semi vegetali. Quindi cereali (nella crusca), legumi, semi oleosi. Si tratta infatti della principale forma di deposito del fosforo che le piante conservano nei semi. All’atto della germinazione del seme, il fitato viene degradato e il fosforo viene rilasciato per essere utilizzato dalla pianta.
Vengono considerati antinutrizionali perché interferiscono con l’assorbimento di minerali, in particolare calcio, ferro, zinco, magnesio.
Possono quindi favorire carenze di minerali.
Ecco perché non c’è nulla di più sbagliato che mangiare crusca (avulsa dal cereale!). E se qualcuno Ve la suggerisce per fare 💩… fuggite! C’è poco da fidarsi!
Non dimentichiamo comunque che i fitati hanno proprietà antiossidanti e utili alleati contro radicali liberi. Se assunti in modiche quantità, ci proteggono da malattie infiammatorie croniche. Inibiscono la proliferazione di cellule tumorali del colon
Perché per noi sono antinutrizionali?
I fitati sono digeribili solo in presenza di fitasi, particolari enzimi che noi esseri umani non possediamo.
Come fare allora per degradarli?
Ci sono vari metodi:
- Ammollo. Come facciamo regolarmente per i legumi, li ammolliamo per diverse ore in acqua (rimuovendola poi a fine ammollo). La condizione ideale per la degradazione dei fitati è a pH 7.0 e 55°C.
- Germogliazione.
- Cottura.
- Fermentazione. Quella preferita è la fermentazione lattica, come avviene ad esempio con la lievitazione con pasta acida per la preparazione del pane.
L’azione di degradazione della fermentazione è dovuta sia all’azione di lieviti e batteri lattici, sia all’abbassamento di pH.
Ad un pH tra 4 e 5 si attivano le fitasi endogene dei semi. Ecco che, ad esempio, potremmo indurre questa attivazione aggiungendo un po’ di umeboshi nell’ammollo, ad esempio, della farina di ceci (unita ad acqua) prima del condimento e della successiva cottura.
Immagini prese dalla rete e RIMOVIBILI su semplice richiesta
Articolo riproducibile citando la fonte con link al testo originale pubblicato su Il Cibo della Salute di Silvia Petruzzelli.
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