Il digiuno intermittente serve per dimagrire e migliorare il profilo metabolico?

Un recente trial clinico (RCT) uscito su una delle più importanti e serie riviste scientifiche conferma come il digiuno intermittente sia una pratica INUTILE per dimagrire o per migliorare il profilo metabolico in pazienti sovrappeso o obesi [1].

Il digiuno protratto inoltre può favorire la formazione di calcoli alla cistifellea, a causa del suo ridotto svuotamento.

I digiuni, ricordiamo, possono favorire disturbi del comportamento alimentare dall’altra, con rischio di abbuffate, vanificando quindi il percorso mirato al calo ponderale, ma anche di arrecare danni alla salute (in quanto possono portare a carenze nutrizionali).

Lo studio ha arruolato 139 pazienti in forte sovrappeso o in obesità (BMI>28) e li ha suddivisi in due bracci (gruppi).
〽️ Un gruppo seguiva una dieta ipocalorica,
〽️ Un altro la medesima dieta con l’obbligo di digiunare ogni giorno dalle ore 16 alle ore 8 (la 16:8).

Il follow-up è durato 1 anno, ovvero i pazienti sono stati seguiti per tale periodo di tempo.

Le conclusioni dello studio sono state le seguenti:
Tra i pazienti con obesità, un regime alimentare limitato nel tempo non è stato più vantaggioso per quanto riguarda la riduzione del peso corporeo, del grasso corporeo o dei fattori di rischio metabolici rispetto alla restrizione calorica giornaliera“.

Ricordiamo che gli RCT sono piuttosto in alto nella piramide di evidenza scientifica.

Digiuno e morte prematura

Un recente ed ampio studio prospettico, che ha coinvolto più di 24.000 adulti statunitensi di età pari o superiore a 40 anni, ha scoperto una connessione tra digiuno e rischio di morte prematura [2]

👉 Consumare un pasto al giorno è stato associato ad un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause (30%) per malattie cardiovascolari (83%) rispetto a chi consuma 3 pasti al giorno.
👉 Saltare la colazione era associato ad un aumento del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari.
👉 Saltare il pranzo o la cena era associato ad un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause.

Questo è il primo studio in realtà che ha come end-point (ovvero come obiettivo) quello di analizzare la correlazione tra digiuno e rischio di morte prematura.

Facciamo dunque attenzione alle mode. Con la salute non si scherza.

E l’autofagia?

Spendiamo due parole sull’autofagia (detta anche morte cellulare di tipo II): si tratta di un meccanismo di rimozione selettiva di componenti danneggiati presenti nella cellula. E’ un processo fisiologico coinvolto nel turnover (ricambio) di proteine danneggiate o anormali che, il cui accumulo nella cellula è tossico.

Si tratta essenzialmente di un meccanismo protettivo e, nella maggior parte, di adattamento allo stress, in particolare una risposta allo stress nutrizionale (per carenza di nutrienti): per conservare un adeguato livello di nutrienti all’interno della cella, il nostro corpo avvia un meccanismo cosiddetto di “auto cannibalizzazione”, in modo tale da evitare il processo di morte cellulare.

Tuttavia, sebbene questo processo protegga inizialmente, può anche causare la distruzione di componenti vitali per la cellula e portarla alla morte.

La restrizione calorica attiva l’autofagia: vi sono quindi alternative senza necessariamente sottoporsi ad un rigido regime di privazione.

Ci sono, ad esempio, molecole che mimano la restrizione calorica: ad esempio quercetina, catechina, EGCG, resveratrolo, berberina [1]. L’inserimento nell’alimentazione di tali composti bioattivi potrebbe avere effetti sulla durata della vita.

Longevità in salute

Al momento l’unico modello valido per la longevità è quello della restrizione calorica, intesa come riduzione dell’apporto calorico giornaliero senza però incorrere in malnutrizione [2].

E’ questo il significato della DIETA MIMA DIGUNO (da non confondere quindi con il digiuno intermuttente). Ovvero non è un digiuno, ma prevede un minore apporto di calorie, in particolare derivanti da carboidrati e proteine (di cui oggi si eccede), senza però incorrere in carenze nutrizionali.

Valter Longo, ricercatore nel campo della longevità, raccomanda un digiuno intermittente di massimo 12 ore, focalizzandosi sull’importanza di non saltare la colazione. Non supporta il digiuno 16:8, ritenendo che non vi siano prove sufficienti sulla sua sicurezza a lungo termine

Ovviamente, bene seguire il timing che ci viene dal detto “colazione da re, pranzo da principe, cena da povero“, cercando di mon cenare troppo tardi. Idealmente, uno “spuntino-cena” massimo alle 19. Lo stesso Valter Longo suggerisce di evitare pasti nelle 3-4 ore precedenti il sonno.

Infatti, i risultati di un recente studio pubblicato su Nutrition & Diabetes ha esaminato i dati di 41mila persone del database NHANES rilevando un aumento del rischio di mortalità e di diabete tra coloro che mangiano tra le 23:00 e mezzanotte rispetto a coloro che consumano l’ultimo pasto prima delle 22:00 [3].

[1] Liu, D., Huang, Y., Huang, C., Yang, S., Wei, X., Zhang, P., Guo, D., Lin, J., Xu, B., Li, C., He, H., He, J., Liu, S., Shi, L., Xue, Y., & Zhang, H. (2022). Calorie Restriction with or without Time-Restricted Eating in Weight Loss. The New England journal of medicine, 386(16), 1495–1504.

[2] Sharma, R. (2021). Bioactive food components for managing cellular senescence in aging and disease: A critical appraisal and perspectives. PharmaNutrition, 18, 100281.

[3] Wang, P., Tan, Q., Zhao, Y., Zhao, J., Zhang, Y., & Shi, D. (2024). Night eating in timing, frequency, and food quality and risks of all-cause, cancer, and diabetes mortality: findings from national health and nutrition examination survey. Nutrition & diabetes, 14(1), 5.


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